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Virgo


Vergine

La Vergine (in latino Virgo) é la è più grande (seconda solo alla meno brillante Idra) costellazione celeste. Essa, ha l'aspetto di una figura femminile alata, con una spiga di grano nella mano sinistra. Come mai questo riferimento al grano, la cui raccolta coincide con il Solstizio estivo? Con tutta probabilità perché il simbolismo di questa costellazione é nato tra il 6540 e il 4380 a.C, quando il solstizio d'estate veniva a coincidere proprio con la levata eliaca di questa costellazione. Quel periodo fu caratterizzato da grandi innovazioni, tanto da essere definito la «rivoluzione neolitica»: si iniziarono infatti a coltivare con regolarità il frumento e 1'orzo, oltre ad addomesticare buoi, capre, maiali e pecore. Si ritiene che fosse un epoca matriarcale, almeno dal punto di vista religioso, artistico e delle tecniche. Era, a tutti gli effetti, il Regno della Grande Madre, che prese tanti nomi quante furono le sue manifestazioni, fino ad essere (in ultimo) ridotta in subordine rispetto alla figura del dio sovrano del cielo, una volta affermatasi la cultura patriarcale.
           
Dike e l'età dell'oro

La Vergine, la cui iconografia é di origine sumerica (veniva chiamata AB.SIN, ovvero il «solco»), fu identificata nei secoli con varie figure della mitologia. Nella Grecia classica, ad esempio, essa era assimilata a Dike, la Giustizia. Esiodo la riteneva figlia di Zeus e di Temi (ovvero la giustizia-consuetudine, cioé la norma invalsa). La Vergine era soprannominata anche Astrea, perché secondo un'altra versione del mito essa era figlia di Astreo e di Eos (l'Aurora). Secondo Arato:

Sia progenie di Astreo - che appunto dicono
esser l'antico genitore degli astri -
oppur di un altro, costei sembra placidamente muoversi.

Poiché Astreo era ritenuto anche il padre delle costellazioni celesti, Astrea, la Vergine-Giustizia, veniva attorniata da un aura di armonia celeste. «La Giustizia Astrea di ambiente stoico» dice Claudio Mutti «non è Temi, ma Dike, e cioè il diritto opposto a bia, che è la violenza irrazionale, inconsulta e distruttrice. All'ordine celeste, nel quale le caratteristiche e i moti delle singole costellazioni si contemperano con la quieta armonia del Tutto, deve corrispondere un eguale ordine sulla Terra. Là Astreo, il padre; qui Astrea, la figlia. L'uno posto in un'antichità cosmica, l'altra agli albori della vita sulla terra, là dove mito e storia si fondono». Secondo Arato la Vergine Astrea nell'età dell'oro viveva tra gli umani nonostante avesse il dono dell'immortalità:

E la chiamavano Dike.
Nata non era ancora la funesta contesa
né il giudizio controverso né il disordine.
Semplice era il vivere.
Dike, di giustizia dispensatrice,
tutti i beni a migliaia procacciava.
Finché la terra alla progenie d'oro diede nutrimento
così avveniva.

Ma con quella d'argento poca aveva dimestichezza
e propizia più non era del tutto
poiché rimpiangeva i costumi delle genti antiche.
Tuttavia ancora appariva al tempo della schiatta argentea.
Sola scendeva verso sera dai monti risonanti;
ma con soavi parole a nessuno ormai si rivolgeva;
anzi, radunata la folla in ampi spazi, minacce lanciava
accusando di malizia gli uomini.
«Quale generazione hanno lasciata,
peggio della loro, gli aurei padri!
E voi ancor di peggio genererete!
Gli uomini avranno, non dubitate,
guerre e conflitti cruenti:
il dolore incomberà su quei malvagi.»
Così detto, le montagne cercava
abbandonando le genti
che su di lei gli occhi fissavano.

Ma quando anche queste furono morte
sorse una stirpe bronzea di uomini
più funesta della precedente.
Per primi foggiarono col bronzo
il malefico pugnale da viaggio,
per primi si cibarono dei buoi
che aravano le campagne.
Dike allora prese a odiare quella schiatta umana,
volò al cielo prendendo dimora
in quella zona dove appare
nella notte agli uomini la Vergine.

Pensando a questo passo, Virgilio arrivò a profetizzare (nella IV Egloga) il prossimo ritorno dell'età dell'oro:


iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regna,
iam nova progenies caelo demittitur alto.
Tu modo nascenti puero,
quo ferrea primum desinet ac toto surget gens aurea mundo,
casta fave Lucina; tuus iam regnat Apollo.

Precisamente ai tempi di Virgilio, infatti, stava iniziando l'età dei Pesci, lungamente attesa e descritta come un'era di prosperità. Quale allora il significato del «ritorno» della Vergine? Si tratta di un ritorno non certamente all'antico solstizio ma ad un nuovo equinozio: «Con il suo "ritorno", ossia avanzando» ha chiarito Giorgio de Santillana «la Vergine avrebbe indicato l'equinozio autunnale in concomitanza con l'assunzione, da parte dei Pesci, del governo celeste dell'equinozio di primavera al nuovo incrocio».

Iside come Vergine

In quello stesso periodo in Egitto, dall'altro lato del Mar Mediterraneo, veniva venerata una dea con un bimbo in braccio: Iside, la moglie-sorella di Osiride che, una volta ricomposto il corpo del marito straziato da Seth, si era congiunta con lui generando Horo.
Essa era talvolta raffigurata come una dea alata e coperta da un velo, mentre dalla sua testa sbocciava un fiore di loto, simbolo di illuminazione. Iside veniva rappresentata con un sistro(simbolo del suono e delle parole) nella mano destra ed un un acquamanile (per evocare i suoi attributi di dispensatrice di acqua fecondante, e cioé di nuova vita) nella sinistra  Teneva in mano anche delle spighe di grano, a rappresentazione del perenne ciclo di vita-morte-vita, delle fiaccole (simbolo di luce spirituale) e dei serpenti, anch'essi a rappresentare al ciclo di vita-morte-resurrezione; ultimo suo attributo, lo scrigno mistico dell'iniziazione. A vole veniva effigiata con Horo, in fasce, fra le braccia, secondo un'iconografia che sarebbe poi stata utilizzata anche per la Madonna del rito cristiano.
Negli zodiaci di Tebe e Denderah la Vergine era raffigurata come una figura alata con in mano qualcosa di simile ad una conocchia. A parere di Eratostene ed Avieno, essa andava proprio identificata con Iside: tesi quest'ultima che però mal si conciliava con la tradizione astro-mitologica dei Greci e neppure con quella egizia, che preferiva attribuire a Sirio il titolo di Stella di Iside.


Vergine


Demetra e Persefone, ovvero la Grande Madre

La Vergine venne assimilata anche a Demetra ed a sua figlia Persefone, quella che fu rapita da Ade e da lui portata negli inferi. Tale rapimento (col tacito assenso di Zeus) aveva scatenato le ire di Demetra, che per ritorsione non permise più ai frutti di maturare sulla terra fino a quando sua figlia non fosse tornata da lei. Preoccupato per il destino degli umani, Zeus mandò Ermes presso Ade per convincere il Re dei Morti a liberare Persefone. Il dio infernale fu costretto ad obbedire.
Appena Demetra poté rivederla, subito la assalì un terribile dubbio. «Figlia mia» le chiese «hai per caso mangiato del cibo durante il tuo soggiorno sottoterra? Se lo hai fatto, dovrai calarti ogni anno nel cuore della Terra e restarvi ogni volta per una delle tre stagioni dell'anno: le rimanenti due potrai trascorrerle con me e gli altri dei immortali.» E Persefone aveva effettivamente mangiato alcuni chicchi di melograno, per questo motivo fu costretta a discendere periodicamente sottoterra, e cioé a "morire come vergine" per poi mutarsi  in "madre",  partorendo il suo Figlio luminoso che veniva evocato dallo ierofante durante il rito iniziatico dei Grandi Misteri Eleusini. Persefone che si calava per una stagione all'anno nell'inferno era rappresentata dal grano che, sotterrato in inverno, veniva a rinascere come spiga di frumento in primavera . E va detto che la spiga di grano rappresentava anche sua madre Demetra, poiché era stata lei ad averne fatto dono agli umani. Si raccontava che a rivelare a Demetra il nome del rapitore della figlia Persefone fosse stato Trittolemo, figlio del re di Eleusi. Ad esso, come premio,  la dea regalò  proprio dei semi di grano, oltre ad un aratro di legno ed a un cocchio trainato da serpenti, incarcando il giovane di viaggiare per il mondo per il mondo insegnando agli uomini l'agricoltura.
Demetra e Persefone in realtà erano due manifestazioni della stessa divinità, la Grande Dea, l'una la rappresentava come madre, l'altra a sua volta come vergine (e futura madre). Già Erodoto, nel V secolo a.C. riconosceva l'equivalenza fra Demetra-Persefone ed Iside. D'altra parte a Delo, divenuto durante il periodo alessandrino un grande centro del culto isiaco, la più venerata tra le statue di Iside era in legno dorato con un diadema d'oro decorato con un medaglione e con due spighe di grano a mo' di corona. Fu così che progressivamente la Vergine divenne una rappresentazione della Grande Madre, dea dai mille nomi, o, se vogliamo, dalle mille epifanie.

La cristianizzazione della Vergine

Fu piuttosto naturale cristianizzare questo segno zodiacale, durante il quale vennero collocate due importanti festività in onore della Madonna: l'8 di settembre, la Natività della Beata Vergine Maria, il 12 dello stesso mese il Santissimo nome della Beata Vergine Maria. Una scelta più che comprensibile, poiché fin dall'inizio i cristiani avevano riconosciuto alla Madre di Dio molte prerogative che precedentemente avevano contraddistinto la Grande Madre ed avevano anche pensato l'iconografia tradizionale della "Madonna con il Bimbo in braccio", pensandola in maniera del tutto analoga a quella di Iside con il piccolo Horo.
Durante il XIIImo secolo per opera dei filosofi di Chartres il concetto di Natura venne profondamente rielaborato, avvicinandolo per molti versi alla figura della Mater Magna greco-romana. Chartres però, oltre ad essere un'illustre scuola filosofica, era anche sede di un importante santuario mariano; la Madre Natura andò così sempre piu sovrapponendosi alla figura della Vergine, che diventò la Regina dei Cieli (era coperta da un mantello azzurro pieno di stelle, i suoi piedi si appoggiavano sopra un serpente o una falce di Luna crescente. La Madonna ereditò molti altri simboli di origine pagana, ad per esempio la Stella di Ishtar, l'ulivo di Athena, il melograno di Era e Persefone nonché la spiga di Demetra.

Le stelle della Vergine

La costellazione della Vergine appare in marzo nella zona Est del cielo, si alza progressivamente sull'orizzonte Sud in aprile, maggio e giugno, per poi discendere in luglio verso Ovest e tramontare definitivamente in settembre tra le nebbie della sera. Il Sole sorge insieme a questa costellazione a partire da metà settembre fino ai primi di novembre. La sua stella piu lucente è Spica (ovvero Alpha Virginis, magnitudine 1,0, la sedicesima del cielo per brillantezza) che rappresenta la spiga di grano nella mano della Vergine: essa era un tempo utilizzata (per la sua vicinanza all'eclittica) dai naviganti per determinare le cooordinate della rotta. E' piuttosto semplice riconoscerla: basta prolungare la curva che, partendo dal timone del Grande Carro, arriva fino ad Arturo, nella costellazione del Bovaro Bootes. Spica é, tra l'altro, molto visibile poiché si trova in un'area piuttosto "buia" del cielo. Questa stella, oltretutto, costituisce un'ulteriore prova dell'interconnessione tra la Vergine e la Grande Madre: per esempio i templi di Era a Olimpia, Argo e Girgenti, erano orientati proprio verso questa stella, così come quello di Nike Apteros ad Atene (1130 a.C). e quello di Artemide a Efeso (715 a.C.)
In Egitto, a Tebe, è stato scoperto un tempio risalente al 3200 a.C. dedicato al dio Min e che era direzionato verso di essa. Min, un dio della fertilità di epoca preistorica, in seguito assimilato ad Horo, era una creatura antropomorfa e itifallica, rappresentata col braccio levato e la testa ornata con due grosse piume. Egli era chiamato «toro di sua madre» e di «protettore della Luna». Attributi, questi, che lo mettevano in relazione con il culto della Grande Madre. Fu precisamente l'osservazione i movimenti di Spica e di Regolo, la lucida della costellazione del Leone, che consentì ad Ipparco, nel III sec. a.C., di calcolare la precessione equinoziale.
geroglifico

Beta Virginis (3,8 di magnitudine) è invece chiamata Zavijava, dall'arabo zavijah e cioé «l'angolo»; Gamma Virginis (magnitudine 2,7), collocata in genere sul petto della Vergine, viene detta Porrima, dea che tra i Romani era chiamata anche Prorsa. Porrima e Postverta erano le due Carmentes, sdoppiamento di un'antica divinità autoctona di origine oscura, e successivamente delegata alle nascite. Postverta è «colei che volge [la testa del nascituro] all'indietro», mentre Prorsa é «colei che volge in avanti». Esse avevano il compito di fare mettere il nascituro nella giusta posizione e di prepararlo al momento finale del parto quando Candelifera illuminava con la sua lampada la partoriente.
Epsilon Virginis (magnitudine 2,8), situata generalmente sulla parte bassa dell'ala destra, é chiamata Vindemiatrix, ovvero «vendemmiatrice», poiché nell'Antichità, quando la si osservava sorgere poco prima del Sole in agosto, si riteneva dovesse aver inizio la vendemmia. Ovidio la definiva invece Vindemiator, «il vendemmiatore», raccontando che Bacco si era innamorato di un ragazzino, Ampelus (Ampelos in greco assume anche il significato di «vite, vigna»), figlio di un satiro e di una ninfa: Bacco gli regalò una pianticella di vite, che da allora porta il suo nome. Mentre il fanciullo raccoglieva  un grappolo che sporgeva dal tralcio, cadde e morì. Bacco allora lo colocò in cielo tra le stelle con il nome, appunto, di "vendemmiatore".

riassunto tratto da "Planetario" di Alfredo Cattabiani

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